domenica 22 maggio 2016

La Felicità

È passato qualche anno da quando incrociai il mio sentiero con quello di una bella anima, tutta colorata. Di colori vivaci, veri, che trasmettono tanta energia. Nel tempo siamo diventati amici, di quelle amicizie che senti sono nate chissà dove e quando e si ripropongono vita dopo vita. È nata poi una collaborazione, con un metodo di trattamenti olistici che abbiamo elaborato insieme, per tentare di essere utili a un po' di persone. Il suo nome è Giusy Rasile e ci dona oggi un suo bel pensiero su un concetto che dovrebbe essere il punto focale di ogni esistenza: la Felicità.
Buona lettura.

Prendo spunto per questo articolo partendo da una frase di Mariano pubblicata il ..09/12/2015  “lo scopo della pratica buddista è  di prodigarsi per permettere a tutti gli esseri senzienti di raggiungere la felicità”        
ed allora mi è venuta voglia di scrivere sulla felicità, semplicemente per come la vedo io.
Ovviamente non ho la pretesa di  proporre la formula magica per cambiare il mondo, e renderlo istantaneamente più felice, ma spero almeno di rendervi dubbiosi riguardo gli insegnamenti che dicono che la felicità sia difficile, se non impossibile da ottenere, o comunque non per tutti, altrimenti il mondo sarebbe migliore.
Io un tempo la pensavo proprio   così: che fosse difficile e non destinata a me,  finchè non ho scoperto che la felicità è una scelta che chiunque può fare, una decisione che cambia la vita. 
Non significa che ora la mia strada è sempre in discesa, ma solo che se sono in salita ne approfitto per fare i muscoli sotto sforzo!
Non è solo un concetto di pensiero positivo, ma una vera consapevolezza del potere che ogni essere possiede in quanto espressione della vita.
Che cos’è la felicità?
Cosa significa essere felici?
Io risponderei a questa domanda citando un cartone animato-romanzo  :“Pollyanna” ,che al di là di  discutibili forme di messaggi all’interno della trama, ha presentato a quelli della mia generazione “il gioco della felicità”. 
Cos’era il gioco della felicità? 
Era una sorta di “percezione selettiva della realtà” o meglio : Pollyanna vedeva solo il lato positivo in ogni cosa. 
Tralasciando l’aspetto patologico di una visione parzialmente realista, devo dire che per me è stato prezioso nei momenti più bui decidere di attivare una ricerca del positivo che ben si nascondeva in ogni apparente evento negativo.
E se un tempo lo vivevo come un gioco, ora ho scoperto che questa visione  può essere il senso stesso della vita.
Nel momento in cui riconosci la vita come un’insieme di esperienze atte a raggiungere consapevolezza ed evoluzione, non puoi che imparare, ringraziare e lasciare andare.
Non significa non star male o non permettersi il dolore, ma semplicemente riuscire a trovare il maestro che si cela dietro quella forma di esperienza.
Ecco per me la felicità è l’espressione di un atteggiamento verso la vita (dove verso significa pro, a favore di).

Cosa significa essere felici?
A qualcuno hanno insegnato che essere felici  è uno stato di appagamento che dipende da qualcosa al di fuori di sè .
Siamo abituati a pensare che  saremo felici quando avremo quella cosa o quando faremo quell’altra o quando quella persona si concederà a noi. Come se la felicità fosse una conseguenza.
Io non la vedo così, non sto a dilungarmi ora sul fatto che in realtà è il nostro stato d’animo a determinare la realtà che viviamo e non il contrario, ma mi limito a dire che siamo noi a scegliere quanto potere hanno gli eventi su di noi.
Un esempio banale: se una persona ha una cattiva opinione su di noi, lasciamo che ce l’abbia, non abbiamo necessariamente bisogno dell’approvazione di tutti e l’idea che una persona può essersi fatta di noi è solo la sua opinione.
Il problema nasce se noi crediamo di essere ciò che gli altri credono di noi.
Ognuno di noi  è dotato di talenti specifici, siamo qui per apprendere determinati tipi di lezioni, riceviamo una certa educazione e viviamo diversi tipi di esperienze, uniche per ognuno in base alla percezione personale. Poi arriva una persona esterna, con la sua mappa del mondo ed esprime un giudizio su di noi e noi invece di pensare che è solo la sua visione ci arrabbiamo o “non siamo felici” perché lui non vede il mondo come lo percepiamo noi!
Nel momento in cui abbandoniamo il bisogno di avere il controllo su ogni cosa, ci prendiamo il diritto e riconosciamo agli altri il diritto di esprimersi e possiamo accettare che le cose accadano perchè  ogni cosa ha  sempre un motivo di esistere.
E qui la domanda sorgerebbe spontanea: Quindi la felicità è una questione di fede?
Anche, ma non solo, è un non giudizio, è umiltà, è gioia,è soprattutto libertà.
La libertà di lasciare che le cose esistano e la libertà di scegliere quali parti della realtà vogliamo vivere.
E quando non posso scegliere?
 I saggi monaci buddisti dicono: “ è più facile mettere un paio di scarpe che coprire il mondo di tappeti”.. se non possiamo modificare la realtà possiamo cambiare il nostro modo di percepirla. 
C’è sempre una soluzione anche se non sempre è quella che vorremmo noi. Non siamo abituati a chiederci qual è l’utilità evolutiva di ciò che viviamo, ma guardiamo le cose attraverso le aspettative e se il mondo non ci dà ciò che le corrisponde allora noi non possiamo essere felici!
Sono esempi estremi, però è importante chiedersi se siamo proprio fuori da questi meccanismi..
Non possiamo decidere di essere felici solo se qualcuno fa della sua vita ciò che noi vogliamo.
Vorremmo evitare certe scelte per paura di soffrire non pensando che stiamo soffrendo lo stesso perché nel non scegliere stiamo scegliendo, scusate il gioco di parole!
Tra i vari strumenti di supporto che uso c’è Aura-Soma® un sistema che si presenta in tante bottigliette colorate, la maggior parte sono bicolore e sono tutte diverse tra loro. 
Amo fare un esempio specifico quando sono davanti al set delle bottigliette: chiedo di guardare tutte le bottiglie in cui c’è un colore , ad esempio l’arancione,  poi chiedo loro di distogliere lo sguardo dalle bottiglie e di dirmi in quante bottiglie c’era il verde ad esempio.. ed ovviamente arriva l’imbarazzo.  È semplice a quel punto far notare come in realtà il set è composto da almeno 15 colori in diverse tonalità ma che noi della realtà percepiamo  solo ciò che scegliamo di guardare…
Quindi la felicità alla fine potremmo dire che è il modo in cui possiamo guardare il mondo.
O almeno questo è ciò che io scelgo di vedere, e mentre continuo ad accogliere nella mia vita le prove che servono  a superare i limiti che io stessa e l’esperienze mi hanno creato, accolgo sempre la forma in cui si presentano le prove  senza mai rinunciare al mio diritto alla felicità!


domenica 8 maggio 2016

Politeismo, monoteismo, buddismo


Durante le conversazioni riguardanti il buddismo, spesso viene fuori l'argomentazione se il buddismo sia oppure no una religione. Definire con certezza il concetto di religione potrebbe non essere facile, vediamo però quali sono alcune caratteristiche delle religioni o dei credi e se e come il buddismo si differenzia o si accomuna ad essi.
L'essere umano ha dal suo esordio su questo pianeta, sempre cercato "al di là", una necessità spirituale sorta spontaneamente o forse insita "geneticamente". Le prime testimonianze di culti, ci riportano al culto dei morti già sviluppato dai primi uomini a delle forme di adorazione verso fenomeni naturali e pianeti, come il sole e la luna. L'uomo quindi inizia a comprendere che al di fuori della propria esistenza possa esserci dell'altro. Si inizia poi a dare dei nomi a queste presenze che diventano così divinità, basti pensare a Ra, il dio sole degli Egizi, oppure a Thor, il tuono delle popolazioni nordiche qualche tempo dopo. In questa fase quindi molte divinità sono associate ad elementi naturali o da essi derivano. Nel corso dei millenni poi, vanno strutturandosi i credi che diventano vere religioni. Con religione mi sento di definire un credo strutturato con delle pratiche e una comunità clericale, quindi vediamo che qualche migliaio di anni fa, sopratutto in quella parte del mondo che è più pertinente ai nostri argomenti, cioè nella zona dell'attuale India, vengono fuori tradizioni come la vedica e poi l'Induismo. Ci troviamo quindi davanti a religioni che riconoscono al di sopra dell'essere umano delle entità "sovrannaturali" che più o meno hanno dei poteri sull'umanità stessa e sul pianeta terra. Stessa evoluzione la troviamo in civiltà come quella greca e successivamente romana, dopo essere passati per le religioni del bacino medio orientale. Fin qui abbiamo visto che l'uomo si affida, rispetta, a volte con timore, alcune figure esterne ad esso, quindi un politeismo strutturato. 
La più grande svolta nelle forme di credo dell'umanità la ritroviamo come è chiaro con l'avvento dei profeti che iniziano a parlare dell'esistenza di un solo Dio, al di sopra di tutto e creatore di tutto. Il protagonista geografico è sempre il bacino medio orientale dove sorgono l'ebraismo e successivamente cristianesimo e islamismo. 
Un'origine alquanto comune, con profeti che, successivamente, verranno acquisiti da una o dall'altra religione, ma che professavano tutti lo stesso amore verso il prossimo e il rispetto per un dio amorevole e compassionevole. Nascono quindi le grandi religioni monoteistiche, che danno al credo e alla religiosità dell'essere umano una struttura maggiormente organizzata, con un clero, regole e delle pratiche da seguire. Chiaro che, nel corso dei millenni, si siano modificate ma resta comunque una salda base sulla quale sono fondate e che le hanno portate ad essere le religioni che maggiormente hanno influito sul corso dell'umanità.
Ma in tutto ciò come si colloca l'insegnamento del Buddha?
Storicamente il Buddha appare prima dell'avvento del monoteismo e dopo che si erano ben strutturate le religioni politeistiche, portando però una vera rivoluzione prospettica.
Pone infatti, il Buddha, l'essere umano al centro di tutto. Non più quindi entità esterne, ma l'uomo che decide e gestisce la propria esistenza.
Finora infatti, ma poi anche successivamente, l'essere umano era e sarà considerato in una posizione di devozione e inferiorità rispetto a chi sta sopra di lui, agli esseri spirituali. Ma la grandezza dell'insegnamento del Buddha è proprio nel sovvertire questa visione, così come si presenta lui a coloro che lo ascoltavano e poi lo seguiranno. È l'essere umano l'essere spirituale, il Buddha ci dice di non essere un dio o un essere spirituale diverso da noi, siamo noi, esseri umani ad essere in realtà spirito, uno spirito che è un tutt'uno con l'universo, che periodicamente e temporaneamente si trova in forma corporea. Uno spirito in continua evoluzione e che, proprio per proseguire nella sua crescita nasce per imparare. Il Buddha quindi sovverte come dicevo prima, il modo di vedere ma anche di esistere. Ci consegna con i suoi insegnamenti il metodo per la nostra evoluzione spirituale, un metodo fatto soprattutto di comportamenti ma anche di una grande introspezione, in quanto, facendo noi parte di un sapere, di una coscienza universale, è soprattutto attraverso una buona pratica introspettiva che possiamo avvicinarci a comprendere la realtà di tutti i fenomeni.
Il Buddha crea anche la prima comunità di seguaci, il Sangha, alla quale "consiglia" delle regole da seguire, nel buddismo non ci sono imposizioni né tantomeno il senso del peccato. Queste regole le abbiamo già viste quando abbiamo parlato delle azioni virtuose. Forma anche un clero dove si rispettano determinati voti ma dove, tutti, sono semplici monaci, così come ama definire se stesso S.S. il Dalai Lama. Nel corso dei secoli sono nate poi delle funzioni, paragonabili alle funzioni religiose di altre confessioni, diverse in alcuni casi tra le varie scuole. 
A conclusione di questa conversazione credo si possa quindi definire che il buddismo possa essere annoverato tra le religioni per quanto concerne la parte più strettamente ritualistica e regolamentata, resta però, a mio parere, così come mi piace definirlo quando mi si chiede cos'è, un metodo. Un metodo per provare a capire la vera entità di tutti i fenomeni, partendo da chi o cosa siamo in questo corpo in cui ci troviamo, provare a capire cosa facciamo qui, che scopo possa avere esserci. Provare a realizzare, come ci ha consigliato il Buddha una evoluzione spirituale che ci permetta, in quanto spirito noi stessi, di raggiungere l'illuminazione, la distinzione della vera essenza della realtà e di conseguenza quella felicità reale ed eterna e non effimera come troppe volte cerchiamo o crediamo di raggiungere.