Negli articoli fin qui
pubblicati, ho esposto diversi argomenti correlati agli insegnamenti del
Buddha, alla meditazione e a un po' di storia. Si è parlato quindi sia di teoria che di pratica; vorrei ora illustrare quello
che può essere un momento molto particolare ed importante
per chi segue la pratica del buddismo tibetano: "la presa di
rifugio".
Come tutto nel buddismo è una scelta personale, quindi anche in questo caso
si ha la piena decisionalità e di conseguenza la responsabilità di ciò che si è
scelto.
Prima di vedere in cosa
consiste "rifugiarsi" vediamo in cosa si cerca rifugio.
Ci si rifugia nei
cosiddetti tre gioielli: il Buddha, il suo insegnamento il Dharma, la comunità
dei credenti il Sangha. Tre gioielli perché racchiudono e rappresentano la
ricchezza per l'essere umano durante il suo percorso per migliorarsi. Il Buddha
chiaramente è il maestro, l'illuminato che ci ha consegnato l'insegnamento per
raggiungere noi tutti l'illuminazione, la comunità di tutti i credenti, monaci
e laici, rappresenta quell'unione di persone spinte verso la stessa meta da un
unico intento.
Ci si rifugia quindi in
questi gioielli, con una semplice cerimonia celebrata dal monaco che si è scelti, che può essere anche preso come proprio
maestro, cioè la persona che riteniamo possa insegnarci a migliorare e a
seguire il cammino, ma la scelta del maestro non è vincolante e i maestri si
possono modificare nel tempo. Tornando alla cerimonia, spesso si svolge
"in forma privata" si direbbe usando un termine formale, cioè maestro
e rifugiante. Il monaco recita una serie di preghiere e formule, rigorosamente
in tibetano, e al termine fa ripetere al discepolo per tre volte una formula di
intento di presa di rifugio, tradotta più o meno risulterebbe: "prendo rifugio
nel Buddha, nel Dharma, nel Sangha". Il maestro attribuisce anche un nome
al praticante, composto da un nome sacro che discende dallo stesso nome del
monaco e un nome attribuito in base alle qualità che il maestro vede in colui
che sta prendendo rifugio. Un po' cognome e nome.
Fin qui abbiamo visto la
parte più pratica e tecnica della presa di rifugio, ma cosa comporta questa
scelta manco a dirlo è molto più profondo. Alla decisione di prendere rifugio
ci si arriva, solitamente dopo anni di studio e pratica, non è proprio come un
battesimo da neonati, ci si arriva, se ci si arriva, nel momento in cui emerge
la consapevolezza di aver compreso che quell'insegnamento sia quello giusto per
la nostra evoluzione. Si decide quindi di impegnarsi appieno nel suo sviluppo.
Non a caso ho usato la parola impegnarsi, la presa di rifugio infatti comporta
degli "impegni".
Innanzitutto una pratica
quotidiana come quella di ripetere varie volte durante il giorno la formula
della presa di rifugio, al mattino recitare una preghiera per il beneficio di
tutti gli esseri senzienti ed alla sera dedicare tutti i meriti acquisiti,
supponendo che se ne abbia qualcuno, ai tre gioielli per permetterci di
arrivare all' illuminazione.
Fin qui sembrerebbe una
pratica più che altro teorica con qualche piccolo esercizio da eseguire, ma per
il buddismo non vi sembra troppo semplice? Già!
Prendere rifugio comporta
soprattutto un'etica nel modo di vivere, significa aderire a dei comportamenti
vicini a quelli dei voti laici. Innanzitutto ci si impegna in cinque punti di
una condotta morale: non uccidere, e qui intendiamo qualsiasi essere senziente;
non appropriarsi di cose non date, in pratica non rubare; non avere una
condotta sessuale scorretta, in primo luogo per chi ha un o una partner non
tradire, più alcune altre accortezze; non mentire; non bere alcolici.
Questi i punti principali
della condotta, nel buddismo sappiamo che non ci sono ordini e comandamenti, si
consiglia di seguire determinati comportamenti. Come abbiamo già visto, è tutto
karma nostro.
Ai cinque punti
illustrati si aggiunge poi di rispettare le immagini del Buddha, così come i
testi sacri degli insegnamenti, rispettare tutti i componenti del Sangha come
una grande famiglia, evitare di farsi "corrompere" da persone che vogliono
deviarci dal nostro sentiero e non affidarsi ad insegnamenti diversi.
La presa di rifugio come dicevo
è una scelta personale con una certa connotazione religiosa, sebbene con una
pratica che, in fin dei conti, ci aiuta a ricordare e rinnovare quotidianamente
gli impegni scelti.
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