martedì 6 ottobre 2015

Introduzione alla meditazione


Quando si sente parlare di buddismo, si pensa quasi subito alla meditazione. Certo la meditazione è una tecnica molto utilizzata nella pratica buddista, ma a parte avere origini precedenti, è utilizzata da tante religioni e non religioni.
La meditazione, o sarebbe meglio dire le tecniche meditative, in quanto ce ne sono davvero tante, vengono utilizzate da yogi, buddisti, cristiani, praticanti della new age e tanti altri. 
Ma a cosa serve? A tante cose. 
Di certo serve, come dice lo stesso termine “ a pensare”.
 Ricordate il vecchio: “meditate gente, meditate”? I più giovani forse no, ma quelli della mia età ricordano questo tormentone televisivo.
Serve molto ad approfondire la comprensione di se stessi, a capire, ad osservarci da dentro. In effetti può sembrare strano, ma è un metodo per osservare la nostra mente, così come è un metodo per tirare fuori da noi stessi delle conoscenze e delle caratteristiche “nascoste” ed approfondire argomenti che si studiano. Parlare di meditazione si potrebbe all’infinito, a questo punto proporrei di passare a qualcosa di più pratico per poi andare nei particolari pian piano, anche riguardo le varie tecniche ed i vari risultati che si possono ricercare. Così come a volte dico a qualcuno: “sul cuscino, a meditare”.


MEDITAZIONE

Dove meditare: un luogo tranquillo, una stanza o anche all’aperto (inizialmente è più difficile). Importante evitare rumori che possano distrarci. Magari accendiamo un incenso e delle candele, per “creare l’atmosfera” ma non è indispensabile.

Iniziamo a sederci:

varie sono le posizioni che si possono assumere, importante è che si stia comodi e non ci siano parti del corpo in tensione che potrebbero distoglierci la concentrazione.




La posizione classica è quella del loto, ma anche molto difficile per la maggior parte delle persone. Molto più praticabile il mezzo loto. Si consiglia di usare un cuscino tale da avere il bacino leggermente sollevato rispetto alle ginocchia, per non mettere in tensione gli arti.














Le mani: nella meditazione tibetana hanno i palmi verso l’alto con la destra che poggia leggermente sulla sinistra ed i pollici che si toccano a formare un triangolo

Nella Zen le mani sono invertite.

La schiena è dritta, immaginiamo sia una pila di monetine in equilibrio e cerchiamo di tenerla così.

Le spalle ed il collo, le parti che normalmente accumulano le tensioni, sono completamente rilassate.

La bocca è chiusa in modo naturale, con la lingua che tocca la parte superiore del palato, questo riduce la salivazione e conseguenti distrazioni.

La testa leggermente in avanti.

Gli occhi sono socchiusi, puntando lo sguardo verso la punta del naso, da cui si immagina partire una linea verso il pavimento che prosegue l’angolatura del naso stesso.

Ora meditiamo:
 Concentriamoci sulla respirazione, seguiamo semplicemente il respiro senza forzarlo, poniamo la mente a seguire il movimento dell’addome e concentriamoci su: “sto inspirando” “sto espirando”. Seguiamo l’addome e prendiamo consapevolezza dei movimenti, se capita un respiro più profondo, semplicemente prendiamone atto, senza modificare nulla. Immaginiamo il flusso d’aria che entra da una narice, fa il giro sulla testa passa dalla nuca ed arriva alla fine della spina dorsale, per poi risalire dal canale parallelo ed uscire dall’altra narice.  


Cerchiamo di rimanere concentrati su questo il più possibile. In alternativa al movimento dell’addome, possiamo concentrarci sul flusso d’aria tra la narice ed il labbro superiore, utilizziamo il metodo che ci è più congeniale. A questo punto la mente inizierà a comportarsi, come la definiscono in India, da scimmia impazzita. Produrrà pensieri, spesso preoccupazioni che abbiamo, prendiamone solo atto, ci sono, non dandogli importanza spariranno da soli.
Torniamo alla nostra respirazione, o meglio restiamo su essa. La mente allora cercherà piacere, produrrà immagini e pensieri piacevoli, stessa cosa: prendiamo atto che ci sono e lasciamoli svanire. Riportiamo sempre la concentrazione solo sulla respirazione.
Cerchiamo di rimanere in questo stato il più possibile, chiaro che all’inizio anche solo un minuto o due, possono sembrare tantissimi, non siamo abituati ad osservare la nostra mente, a governarla, anziché farci governare.
Dopo un po’ di allenamento si potrà poi passare alla meditazione analitica, cioè meditare su un argomento che si è studiato, oppure effettuare visualizzazioni per sviluppare determinate caratteristiche, ad esempio la compassione, o meditazione improntata a migliorare eventuali disturbi fisici. Teniamo presente però che, qualsiasi tipo di meditazione andremo ad affrontare, la parte iniziale è sempre questa, per cui è estremamente importante imparare a praticarla nel miglior modo possibile, il che ci porterà ad essere noi che “governiamo” la nostra mente. 

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