domenica 17 aprile 2016

Interdipendenza, compassione, motivazione



Oggi vorrei riunire, in questo scritto, alcuni termini di uso comune nella pratica buddista che, a mio parere sono molto vicini. Oggigiorno si parla spesso di globalizzazione, di scambio, di condivisione. La tecnologia ci dà la possibilità di relazionarci, in pochi attimi con l'altro capo del pianeta. Ma tutto ciò spesso viene fatto con superficialità.
Tanti anni fa il buddismo parlava di interdipendenza intendendo che tutti gli esseri, su questo pianeta hanno, in un modo o in un altro un legame. Un po' come tutti gli organi del corpo sono tra loro interconnessi, così tutti noi siamo in un qualche modo legati a tutti gli altri. In questo momento ad esempio, leggendo queste righe, si è interconnessi con chi le ha scritte, ma cosa state usando per leggere? Un Pc o un tablet o comunque un apparato da qualcuno costruito, da altri ideato, magari è attaccato alla presa elettrica, ma la corrente non vi arriva da sola, qualcuno ha posizionato i cavi, ha costruito gli impianti. Come vedete siamo tutti interdipendenti. Senza la "collaborazione" di tanti altri, non postremmo fare tante cose. Pensiamo al semplice gesto di bere un bicchiere d'acqua. Possiamo farlo perchè altri hanno creato le condutture, altri, prima, le hanno ideate. Noi stessi creiamo qualcosa per gli altri, con le nostre azioni, con il nostro lavoro, contribuendo a realizzare questo meraviglioso tessuto di interdipendenza.
Visto che siamo tutti interdipendenti, converrebbe quindi sviluppare una qualità che ci porterebbe a vivere e far vivere meglio: la compassione.
Ho già accennato a questo termine, ma cosa si intende, nel buddismo, per compassione? In occidente e nel cristianesimo spesso è associato ad una sorta di "provare pena" per quella che può essere la situazione disagiata o difficoltosa di qualcuno. Ad esempio si prova compassione per un povero visto in strada o per un malato.
Nel buddismo, neanche a dirlo, è un concetto più impegnativo. Non si tratta di un sentimento che proviamo, quanto di una qualità che dobbiamo sviluppare, la qualità di sentire come nostre le sofferenze degli altri, e desiderare che tutti gli esseri senzienti siano liberi da ogni sofferenza. Quindi anziché limitarsi ad un "poverino come soffre", far propria la sofferenza altrui e desiderare la felicità attraverso la cessazione della sofferenza di tutti.
Se andate a dare un'occhiata al post sulla meditazione con visualizzazione vedrete che avevo scritto di un paio di esercizi per sviluppare questa qualità. Inoltre, lo sa bene chi segue il buddismo tibetano, nelle pratiche quotidiane ci sono le preghiere e le motivazioni perché tutti gli esseri senzienti siano liberi dalla sofferenza. 
Essendo tutti interdipendenti, quale cosa migliore che nessuno provi più sofferenza?
Per arrivare a questo, ci sarebbe bisogno, in questa pratica, ma un po' in tante cose che facciamo, della giusta motivazione. Anche questo è un termine molto in uso nella moderna società, soprattutto in ambiti lavorativi. Esistono i "motivatori", si tende a  motivare i lavoratori affinché facciano il loro lavoro producendo di più. 
Nel buddismo la motivazione da sviluppare ed applicare è rivolta alle proprie azioni ed intenzioni. Alzarsi al mattino motivati ad apportare benefici o almeno a non arrecare danno ad altri. Motivati a vivere con consapevolezza ogni attimo, e sviluppare quella compassione che ci permetterà di vivere appieno la nostra esistenza. Essere motivati vuol dire avere interesse per quello che facciamo, avere le giusta motivazione permette anche di svolgere meglio ed essere più soddisfatti delle proprie azioni. Impegnarsi quindi ad applicare la giusta motivazione quando si svolge una qualsiasi azione, anche quando ci sediamo sul nostro cuscino a meditare è importante avere la giusta motivazione, così quando recitiamo dei mantra o, in altre religioni, preghiamo. Se è vero che, essendo fatti di energia ed emanando energia influenziamo ciò che ci sta intorno, con le giuste motivazioni, in ogni gesto, possiamo davvero creare una realtà migliore.
Proviamo quindi a ricordarci che tutti su questo pianeta siamo interdipendenti, tutti in un modo o in un altro siamo collegati, impariamo a sviluppare la compassione, verso noi e gli altri. Alziamoci al mattino con le giuste motivazioni per creare una realtà migliore per noi stessi e per tutti gli esseri senzienti.

domenica 3 aprile 2016

Meditazione analitica



Parliamo di nuovo di meditazione, illustrando un metodo che, per molti versi è uno dei più interessanti e probabilmente "proficuo". È anche ritenuto da molti monaci uno dei più utili. 
Una parte fondamentale della pratica buddista, o comunque del cercare di essere buddista, è lo studio. Studiare, approfondire gli insegnamenti del Buddha e i testi scritti successivamente che illustrano e spiegano quanto ci è stato trasmesso. Studiare è quindi importante ma nel buddismo si consiglia un passetto in più, provare a capire a fondo, con un termine prettamente buddista "realizzare" cioè comprendere con tutto il proprio essere. Per fare ciò torna utile la meditazione analitica.
Dalla definizione è facile intuire che appunto si parla di analizzare mediante la pratica meditativa. 
Mettiamo che abbiamo studiato un determinato argomento, ad esempio il karma di cui abbiamo già parlato. Pensiamo che sia il caso di approfondirne il significato e così ci sediamo sul nostro cuscino da meditazione. 
Dopo la parte di rilassamento e concentrazione che ormai maneggiamo con scioltezza visto che già abbiamo sperimentato varie volte, sin dal primo post sulla meditazione (vero?), portiamo la mente alla parola karma. Fermiamoci su di essa e..... ragionamoci su. Ma non con la mente ordinaria e razionale, ma con quella con la M maiuscola. Facciamo che ciò che abbiamo letto e studiato venga elaborato ad un livello più profondo. Lasciamo che la Mente possa attingere sia da ciò che abbiamo letto sia da qualcosa di più profondo, un sapere che non credevamo di avere, conoscenze che forse derivano da esperienze passate, da altre vite o forse da un sapere innato e primordiale. 
La meditazione analitica richiede un po' di esperienza per essere praticata correttamente, come tutto del resto. Importante è focalizzarsi su un argomento o meglio su una parola che lo contraddistigue. Ci mettiamo lì, focalizziamo la mente sull'argomento e.... aspettiamo. Ci godiamo la nostra tranquillità, sentiamo la nostra respirazione e semplicemente aspettiamo, aspettiamo di poter conoscere ad un livello più alto. Sicuramente arriveranno tanti pensieri estranei, come sempre quando proviamo a tenere a bada la nostra piccola mente, come al solito lasciamoli svanire da soli, non dandogli importanza. Accadrà anche che tenderemo a ragionare sull'argomento oggetto della seduta, va bene ma cerchiamo di attingere, di far arrivare le risposte dal nostro sapere profondo, sconosciuto ma esistente.
Potrebbe anche capitare, a volte, e qui parlo per esperienza diretta, che benchè ci si è posti un argomento da analizzare, arrivi qualche chiarimento su ben altro. Ciò va benisssimo. Significa che in quel momento avevamo bisogno di quelle risposte. Meditare è entrare in contatto con la nostra essenza più profonda, se quindi arriva una risposta, una conoscenza che non ci aspettavamo, va bene. Vuol dire che era di quello che avevamo bisogno in quel momento.
Ho provato qui a spiegare questa tecnica meditativa, mi rendo conto che possa non essere facile da applicare, come non è facile da spiegare, il mio invito è di provare e se qualcuno di voi ha voglia di fare qualche domanda, sono qui.
Il suggerimento che mi sento di dare è quello che diede a me un monaco: "siediti, concentra la tua mente sulla parola (intendendo l'argomento) e aspetta".
Buona meditazione.