Ed eccoci qui! La quarta Nobile Verità esposta dal Buddha,
come far cessare la sofferenza.
Fin qui abbiamo visto le caratteristiche della sofferenza e
le cause, abbiamo visto anche che la sofferenza può cessare. Ora vedremo in che
modo.
Spesso quando si parla di spiritualità, non esclusivamente
di buddismo, si dice che una persona che persegue la spiritualità è “sul
sentiero”; bene, il metodo per far cessare la sofferenza è “Il Nobile Ottuplice
sentiero”. Innanzitutto specifichiamo, usando una frase che spesso utilizza un
mio amico e che a me piace molto, che appunto si tratta di un sentiero e
quindi, per caratteristica propria, si percorre lentamente, altrimenti, come
dice spesso lui, si sarebbe chiamato autostrada. Vorrei anche chiarire che non
si tratta di comandamenti come potrebbero essere intesi per chi conosce la
religione cristiana, si tratta, come ho detto prima di un metodo, di una
condotta che ci può portare alla fine della sofferenza e delle sua cause.
Qual’ è quindi questo sentiero? Quali sono le sue ottuplici
prerogative?
- Retta Visione
- Retto Pensiero
- Retta Parola
- Retta Azione
- Retti Mezzi di Sostentamento
- Retto Sforzo
- Retta Consapevolezza
- Retta Concentrazione
Questi elementi vengono raggruppati in tre ambiti: i primi
due riguardano la saggezza, i successivi tre la moralità e gli ultimi tre la
concentrazione.
Premetto che qui di seguito, analizzando i vari aspetti,
andremo ad incontrare altri concetti che verranno poi successivamente
approfonditi.
Direi quindi di iniziare.
Retta Visione
La retta visione nasce dalla comprensione delle precedenti
tre verità: quindi l’esistenza della sofferenza, delle sue cause e della sua
cessazione. Non è difficile da comprendere a livello intellettuale, ma siccome
non dice retta comprensione, bensì retta visione, dobbiamo salire un gradino
più in alto del semplice livello di comprensione intellettuale. Dobbiamo
arrivare a “realizzare” nel profondo della nostra coscienza, del nostro sapere,
e quindi avere la visione della realtà. Questo si raggiunge con la
contemplazione, la meditazione. Si arriva a concepire che tutto è soggetto a
nascita e cessazione, contempliamo il nostro corpo, non identifichiamoci più
con esso, esso è nato e cesserà, contempliamo questa realtà.
Arriviamo a comprendere che tutto è semplicemente ciò che è.
Se contempliamo la bellezza di un fiore, semplicemente
contempliamo la bellezza, senza giudizio, se assistiamo ad un evento tragico
potremmo pensare che il mondo è ingiusto il “caso” è ingiusto. Tutto ciò è
dettato da giudizi della mente ignorante. La retta Visione ci porta a osservare
tutto questo realizzando che semplicemente è. A cosa ci serve la retta visione?
Ci serve a contemplare le cose per come sono, per quello che sono. Senza
giudizio, in modo tale da non far crescere sentimenti o stati d’animo come
rabbia, odio, ma analizzando tutto con saggezza. Con la retta visione si può
arrivare a percepire la vera essenza delle cose, la loro vacuità, il fatto che esse siano, le cose, ma anche le situazioni,
le sensazioni, le emozioni, prive di esistenza propria. Questo della vacuità è
un concetto fondamentale e ritengo principale nella pratica buddista e meriterà
per questo un approfondimento successivo. Per ora limitiamoci a quanto
accennato. Sviluppando e praticando quindi la retta visione potremo seguire il
nostro sentiero “vedendo” nel suo aspetto profondo e reale quella che fino ad
un momento prima avevamo considerato la verità.
Retto Pensiero
Diverse sono le traduzioni del termine che dalla lingua pali
indica il secondo punto, a me piace molto utilizzare pensiero, ma comunque
potrebbe essere molto bene tradotto come aspirazione.
È quell’ atteggiamento che ci fa aspirare a qualcosa, avere
un retto pensiero significa voler aspirare alla saggezza, all’ illuminazione. Il
retto pensiero ci permette di comprendere che, sebbene qualcuno può avere
l’illusione di essere felice, in realtà non è così, troverà sempre un motivo
che turba questa convinzione. Purtroppo questo mondo non è fatto per essere
totalmente felici; il retto pensiero ci permette, attraverso la meditazione e
la contemplazione, di comprendere che noi non siamo fatti per questo pianeta,
che noi siamo altro, che possiamo evolverci e comprendere altre verità più
profonde. Il retto pensiero è l’aspirazione, l’intenzione a comprendere,
realizzare, penetrare la realtà della nostra stessa esistenza e di tutti i
fenomeni. Il retto pensiero dovrebbe accompagnarci quotidianamente, in ogni
istante della nostra giornata, per spingerci a concentrarci sulla verità, ad
analizzare tutto ciò che viviamo e trarne fuori la verità. Unito alla retta
visione ci permette di compenetrare i fenomeni, farne nostra la loro verità
ultima e vivere crescendo come essenza
spirituale.
Per concludere su questi primi due punti, mi permetto di
riportare un brano a riguardo, del Ven. Ajahn Sumedho: “Avere l’idea di essere un individuo, di essere un uomo o
una donna, di essere inglese o americano, ci sembra molto reale, e ci
arrabbiamo se qualcuno ci contesta. Arriviamo fino al punto di ucciderci a
vicenda a causa di queste idee condizionate a cui teniamo, a cui crediamo e che
non mettiamo mai in discussione. E mai ne vedremo la vera natura senza la Retta
Aspirazione e la Retta Comprensione.”
Fino a qui abbiamo visto i due
aspetti dell’ottuplice sentiero che, come dicevo all’inizio, riguardano la
sfera della saggezza. I successivi tre, possono essere considerati come
condotta morale che, chi persegue il sentiero dovrebbe rispettare. Ripetendoli
brevemente sono: retta parola, retta azione e retti mezzi di sostentamento.
Retta Parola
Al di là del fatto che a molti andrebbe spiegato come usare
le giuste parole nel senso di rispettare la grammatica e qualche altra regolina
base della lingua, in questo caso italiana, la retta parola dell’ottuplice
sentiero ci indica come usare le parole in relazione al mondo che ci circonda,
alle miliardate di esseri che vive cono noi su questo pianeta. Osservare una
condotta di rette parole, significa non mentire, non usare parole che siano di
divisione, cioè che portino persone ad allontanarsi, non usare parole violente
o che possano scatenare violenza, non lasciarsi andare a pettegolezzi o
dicerie. Vi sembra facile e scontato? Provate ad analizzare in una giornata, ma
no siamo elastici, in una settimana, quante volta non avete rispettato almeno
una delle condotte descritte qui su. Come diceva il papà del coniglietto nel
cartone animato di Bambi “se non sai cosa
dire, meglio se stai zitto”. Quanto sarebbe utile per molte persone.
Prendiamo anche atto che, se usiamo atteggiamenti non
corretti, come quelli appena descritti, non stiamo facendo danno solo ad altri,
che già di per se è sbagliato, ma stiamo facendo danno a noi stessi.
Innanzitutto stiamo creando karma negativo
(anche di questo parleremo in seguito) ma dobbiamo essere coscienti che tutto
ci ritorna. Questo concetto della potenza delle parole e dei problemi che
creano quelle sbagliate non è solo del buddismo ma anche la saggezza popolare
ne ha portato vari esempi, come il famoso “ le bugie hanno le gambe corte”,
oppure “ferisce più la penna che la spada”.
Quando penso o parlo di questo concetto, non posso fare a
meno di considerare in che modello di società viviamo, in qualsiasi programma
televisivo si urla, si discute con violenza, si accendono discussioni feroci
più o meno costruite artificiosamente. Questo è il modello che si assorbe e che
poi si trasmette nella vita quotidiana, sia da parte degli adulti che purtroppo
dei bambini. Evitare di fare ciò è possibile, applicando la retta parola alla
nostra vita. Ma da dove scaturisce questa abitudine? Dal retto pensiero. Ecco
che il retto pensiero che ci deve accompagnare, come detto, quotidianamente, ci
aiuterà a relazionarci al meglio con gli altri.
Retta Azione
Siccome non siamo solo degli oratori, ma compiamo anche innumerevoli
azioni durante la nostra vita, ecco che dovremmo anche applicare la retta
azione. Se con la retta parola evitiamo di creare danni agli altri ma anche a
noi stessi, con le azioni possiamo fare danni notevoli e quindi sarebbe giusto
evitare di compierne di dannose. Immediatamente possiamo identificare le
classiche “malefatte” del tipo non uccidere, e parliamo anche di animali, non
arrecare danni ad altri, avere rispetto per il pianeta in cui viviamo quindi
evitare di inquinarlo. Una condotta diciamo quindi molto normale, ed infatti il buddismo ci
esorta ad essere persone normali, nessun supereroe. Compiere azioni rette
significa aiutare senza aspettarsi nulla in cambio, ma farlo solo per il
piacere di aiutare; non avere una condotta sessuale scorretta, quindi evitiamo
di tradire il partner. Applicare quindi una condotta di rette azioni, è
semplicemente comportarsi con rispetto e benevolenza verso gli altri.
A questo punto, impegnandoci ad un comportamento retto per
quanto riguarda parole ed azioni, diventa conseguente che venga seguito anche
il metodo dei
Retti Mezzi di
Sostentamento
Per i monaci questo è un punto molto importante, in quanto
non possono maneggiare denaro e vivono di offerte quindi il loro sostentamento
dipende molto da altri. Per quanto riguarda i laici significa, ricollegandosi
alle rette azioni, non procurarsi cibo ma anche denaro, con furto o truffa o
con azioni che possano arrecare danno ad altri o a se stessi. Non uccidere
animali per cibarsene (questo non significa essere vegetariani, ma anche questo
lo vedremo in seguito). Non procurarsi guadagno con mezzi illeciti o ad esempio
che portino altri ad essere dipendenti da droghe, o che arrechino danni anche
ecologici al nostro pianeta.
Abbiamo visto fin qui i tre aspetti che riguardano la sfera
della moralità, come spero sia chiaro, applicare questi aspetti del sentiero
alla nostra quotidianità viene comunque favorito dal giusto sviluppo della
retta visione e del retto pensiero.
Certamente in aiuto ci vengono anche gli altri tre aspetti
del sentiero:
Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione
Con questi aspetti andiamo nella sfera della concentrazione.
Abbiamo visto che seguire il sentiero non è proprio una
passeggiata al parco ma piuttosto un bel sentiero di montagna. Come in montagna
bisogna andare ben attrezzati e preparati, per seguire il nostro sentiero
abbiamo bisogno di sforzo, quello che ci permette di cambiare abitudini, modi
di fare e di essere che fino ad oggi ci avevano accompagnati. Della consapevolezza
delle azioni che svolgiamo e della concentrazione costante per fare tutto ciò.
A questo punto non resta che provare a percorrere questo
cammino e questo va fatto singolarmente senza adagiarsi solo sul leggere queste
righe o magari approfondire con altre letture. Studiare, analizzare, realizzare
e poi mettere in pratica, sperimentare, agire. Questa è la pratica
dell’Ottuplice Sentiero.
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